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EPIGRAFIA PUBBLICA
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VENUS VICTRIX

La Venus Victrix compare su numerose monete dal tempo di Augusto in poi, talvolta associata alla moglie dell'imperatore: in genere è in piedi, vista di tre quarti, con un panneggio che le copre la parte inferiore del corpo, appoggiata con il gomito su una colonna o su uno scudo; in una mano tiene o un elmo o una spada. Non è giunto fino a noi nessun esempio di statua di questo tipo, ma una variante può essere rappresentata dalla statua dal teatro di Arles di età augustea, che raffigura una Venere per metà nuda che si toglie lo scudo dalle spalle.
Denario di Ottaviano, 32-29 a.C., concessione del British Museum.
Un poema latino anonimo, il 'Pervigilium Veneris' (Veglia di Venere), collega Hybla siciliana a Venere. È possibile che il poema sia stata composto durante il regno di Adriano (117-138 d.C.), che fece anche costruire un tempio di Venere a Roma, e venne in visita in Sicilia. Tale visita, forse, fornì l'occasione per questa dedica da parte di Gaius Publicius Donatus.

"Chi non ha mai amato amerà domani, domani amerà chi ha amato prima. La dea ha ordinato al tribunale di stare tra i fiori di Hybla. Lei stessa presiede e proclama le sue leggi; le Grazie hanno preso il loro posto. Hybla, versa l'intero raccolto di fiori dell'anno! Hybla, si intrecci una ghirlanda di fiori grande come la pianura dell'Etna! Qui saranno le ninfe dei campi e dei monti: tutte quelle che vivono in foresta, boschetto o fontana. La madre del fanciullo alato ha ordinato a tutti di sedersi e ha invitato le fanciulle a non avere fiducia in Amore, neanche quando è nudo. Chi non ha mai amato amerà domani, domani amerà chi ha amato prima". Pervigilium Veneris, vv. 47-58.